Il progetto nasce dalla volontà di portare luce e chiarezza su un argomento così taciuto da andare oltre ai classici tabù: l’autolesionismo.
Le fotografie si prestano in realtà come ultimo atto di una lunga ricerca, di infiniti ascolti e condivisioni. Diverse persone hanno preso parte a questo raccontandomi la loro storia personale, fino ad arrivare a un grande discorso che permette di avere uno scorcio su un mondo poco approcciato.
Il titolo del progetto è CUTE, chiaro rimando al termine per indicare la pelle in italiano, campo di battaglia per emozioni intrappolate, ma vuole anche giocare sull’ambiguità del significato inglese, che indica qualcosa di carino, dolce, ma contiene al suo interno anche la parola CUT, taglio.
Il contrasto racconta proprio la situazione di conforto e disagio che si prova quando ci si sente schiavi di questo modo di reagire.
Il progetto mira, oltre che documentare nella maniera più delicata ed empatica possibile, a far sentire un po’ meno solo chi è e dare una voce a chi si trova in questa situazione, per aiutare anche chi si pone come osservatore a indagare e sensibilizzarsi verso un tema che spesso spaventa perché inesplorato e di conseguenza non compreso.